28.8.06

 

Era difficile incappare in una congiunzione astrale più nefasta di quella che oggi pomeriggio, alle 17, in Area Science Park, porterà Harold Kroto, premio Nobel per la chimica nel 1996, a incontrare ricercatori e appassionati di scienza triestini proprio in contemporanea alla partita degli azzurri ai Mondiali di calcio. Ma dietro al singolare gioco della (mala)sorte – assolutamente imprevedibile lo scorso ottobre, quando venne fissato questo giro di conferenze di Kroto tra Basilea e Zurigo, Milano e Trieste – si profila quasi uno scherzo beffardo. Perché la molecola alla quale Sir Harold Kroto deve il Nobel e la sua notorietà anche fuori dell'agone scientifico è il «fullerene»: ovvero una molecola la cui struttura spaziale è identica a quella d'un pallone di calcio, di quelli in cuoio e con le cuciture a mano ormai introvabili dopo l'invasione dell'hi-tech nello sport.

E d'altra parte il fullerene è tuttora familiarmente chiamato dagli specialisti con il nomignolo «buckyball», in relazione proprio alla sua forma a palla. E altri l'hanno battezzato «soccerene», da «soccer», come gli americani chiamano il nostro calcio.

«È vero», conferma Sir Harold via e-mail. «Ma io fin dall'inizio, vent'anni fa, avevo preferito chiamarlo un nome più creativo. Fullerene è infatti l'abbreviazione di ”buckminsterfullerene”, dal nome dell'architetto americano Buckminster Fuller, il padre delle cupole geodetiche, così simili a questa molecola». È solo uno dei tanti casi di interdisciplinarietà che ruotano attorno a questo scienziato di vastissimi interessi, che porta con baldanza i suoi 67 anni. Inglese di origine tedesca (il nome originario dei genitori era Krotoshiner), ha studiato all'Università di Sheffield, poi ha lavorato in Canada, a Ottawa, e negli Stati Uniti, ai mitici Bell Laboratories in New Jersey, prima di iniziare la carriera accademica nel 1967 all'Università del Sussex, a Brighton. E ora Kroto insegna anche al Dipartimento di chimica e biochimica della Florida State University. Sir Harold scoprì la molecola che gli avrebbe cambiato la vita intorno al 1985, quando lavorava sull'identificazione al radiotelescopio delle molecole presenti nelle atmosfere stellari e nelle nubi interstellari. Trovò così questa struttura superstabile con 60 atomi di carbonio (spesso indicata semplicemente come C60), costituita da 12 pentagoni e 20 esagoni, in cui ciascun pentagono è circondato da cinque esagoni. Una nuova inattesa forma cristallina del carbonio, che andava ad aggiungersi alla grafite e al diamante (e a un paio di altre forme rarissime).

Quando Kroto, nel 1991, si mise a lavorare assieme ai colleghi Robert Curl e Richard Smalley per ottenere la molecola in laboratorio, quaggiù sulla Terra, il gioco era fatto. La rivista «Science» elesse il fullerene «molecola dell'anno» e nel 1996 arrivò il premio Nobel per tutti e tre. Poi, a stretto giro di tempo, ecco il primo spin-off dei fullereni: i nanotubi di carbonio, fogli di grafite avvolti su se stessi in tubicini di pochi milionesimi di millimetro.

Dispositivi su scala microscopica che hanno aperto la strada alla rivoluzione nanotecnologica. Racconta Sir Harold: «Quando trovammo il C60 nello spazio, sapevo che si trattava di una scoperta importante, e quando riuscimmo a ottenerlo in laboratorio e potemmo analizzarlo fu chiaro che per la chimica si era aperta una porta completamente nuova. C60 è una icona perfetta non soltanto per le nanoscienze, ma anche perché dimostra che non si può mai prevedere da dove salteranno fuori le scoperte più importanti. È una lezione per chi pensa che si possano pianificare le scoperte e finanziare solo le ricerche promettenti. Le cose non funzionano quasi mai in questo modo!». E ancora: «Questa molecola è diventata un simbolo per la nanoscienza e la nanotecnologia anche perché si tratta di una molecola di grandi dimensioni, dalla struttura elegante, dotata di proprietà uniche. In più, da queste ricerche hanno avuto origine i nanotubi di carbonio, da cui ci attendiamo applicazioni rivoluzionarie nell'ingegneria civile ed elettronica».

Proprio sulla rivoluzione delle tecnologie dell'infinitamente piccolo parlerà oggi Harold Kroto in Area, al Centro congressi, nell'ambito della serie di incontri con i Nobel.

«Architettura nel nanospazio» il titolo della sua relazione, che verrà introdotta da Maria Cristina Pedicchio, presidente di Area Science Park, e preceduta da un intervento di Dante Gatteschi, docente di chimica generale e inorganica all'Università di Firenze. Per chi riesce a resistere alle lusinghe del pallone da calcio e gli preferisce il «pallone» di Sir Harold, ricordiamo che anche in questa occasione è stato allestito un servizio gratuito di bus-navetta che dalla Sala Tripcovich porterà fino all'Area, con partenza alle 15.50 e fermate lungo il percorso (per informazioni: 040 362636). Ma accanto al Kroto guru della nanotecnologia c'è anche il Kroto che fonda il Vega Science Trust per la produzione di film scientifici per la Bbc, c'è il Kroto grafico e designer che ha al proprio attivo decine di copertine e poster. Un'attività che in lui non è mai disgiunta da quella scientifica: «Mi piace la bellezza delle forme, la loro eleganza. Si tratti di opere grafiche, di quadri, di sculture, di fotografie. Questa bellezza e questa eleganza fanno parte di me. E, credo, anche della mia scienza».

Di Renzo Editore ha pubblicato Molecole su misura di Harol Kroto.


Commenti: Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]





<< Home page

This page is powered by Blogger. Isn't yours?

Iscriviti a Post [Atom]